Strilli, versetti, urla, lamenti…questi sono i principali, e soli, modi che il nuovo nato ha per comunicare con noi. Ho sonno? Mi metto a piangere. Ho fame? Mi metto a piangere. Ho il pannolino sporco? Mi metto a piangere. Non so cosa fare? Mi metto a piangere più forte. Il tutto per la gioia dei poveri genitori stremati, assonnati e irritati.
Ok, forse questo è uno scenario un po’ troppo pessimista e tragico dei primi giorni di convivenza con il proprio “frugoletto di gioia”, ma in molti casi il pianto del bambino diventa davvero intollerabile e fonte di grande frustrazione. Se appartenente a uno di questi “casi”, cosa molto probabile, allora provate a riflettere un po’ insieme a me su come affrontare al meglio questo aspetto della vita da genitori.
Per prima cosa, sfatiamo il mito del “la mamma lo sa” o “il bravo genitore capisce sempre cosa desidera il bambino” o peggio ancora “se vuoi bene a tuo figlio, anticipi il suoi bisogni”! Per favore, prendere questi consigli o perle di saggezza e buttateli nel cestino della vostra mente per non rivederli mai più. Oltre ad essere assolutamente false, sono addirittura pericolose.
Il lavoro di un genitore nelle prime fasi della relazione con suo figlio, è quella di andare per tentativi! Per prove ed errori, mettendoci sempre una punta di razionalità. Solo in seguito a questi tentativi e fallimenti/vittorie iniziali si riuscirà a stabilire delle routine, a conoscere le varie intonazioni e modulazioni del pianto del proprio piccolo, le sue preferenze…insomma, lo si conoscerà.
E anche il bambino inizierà a conoscervi e imparerà a capire che avete dei tempi e che se anche non rispondete subito, alla fine arriverete per soddisfare i suoi bisogni. Ma soprattutto imparerà a conoscere questa nuova realtà che, diciamocelo, non c’entra niente con quella confortante del grembo materno, dove tutto era già regolato, dove non esisteva fame, sete, freddo, dove non doveva chiedere e fare nulla…nemmeno la fatica di respirare! Quindi, datevi tempo e date tempo al vostro bambino, accettate che ci voglia un po’ prima di sintonizzarsi, accettate di non capire immediatamente la cosa giusta da fare, accettate che a volte neanche il vostro bambino sappia cosa vuole, ma abbia solo bisogno di sfogarsi un po’.
Un’ottima riflessione da fare per aiutarvi in questo inizio di viaggio, è capire come voi vivete il pianto del bambino. Fateci caso: quando vostro figlio piange, voi cosa pensate e cosa provate?
“Mi sta rimproverando perché non sono un buon genitore” (Quindi provate senso di colpa)
“E’ furioso con me, non mi perdonerà mai” (Quindi provate un certo timore)
“Ce l’ha con me! Lo fa apposta” (Quindi provate rabbia)
“Sta male! Sta soffrendo ed è in pericolo” (Quindi provate paura)
“Mi sta chiedendo qualche cosa. Provo a capire cosa” (Quindi provate fiducia)
Ovviamente proverete più emozioni in una volta e in base alle circostanze cambierete idea e modo di comportarvi, ma quale è il pensiero che più si avvicina alla maggior parte delle vostre esperienze?
Una volta fatta questa riflessione, ricordatevi che il bambino vi sta “solo” comunicando qualche cosa. Non lo fa per rabbia, o per rimprovero, o altro. Sta comunicando nell’unico modo a lui disponibile, che qualche cosa deve cambiare e molto probabilmente non sa neanche lui cosa. Tutte le emozioni che provate, i pensieri che fate, sono vostri, legati al vostro vissuto, non al suo. Lui non è arrabbiato, lui comunica. Lui non ce l’ha con voi, lui comunica. Lui non vi odierà, lui comunica.
Non sentitevi in difetto se non lo capite. È normale. Date tempo al tempo e cercate di capire i sentimenti che provate per poi confortarlo con la rassicurante consapevolezza che lui vi vuole bene, sta “solo” comunicando con voi.
In bocca al lupo.
Credits: foto titolo, foto copertina
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